Si è concluso giovedì 20 ottobre il ciclo di seminari “FRAGILE (da trattare con cura)”, promosso dalla biblioteca dell’Area di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Il seminario finale ha avuto come tema “Energia, crescita, ambiente: com’è andata negli ultimi due secoli”. L’uso dell’energia, i suoi effetti sull’ambiente e la sua importanza per la crescita economica sono stati posti al centro dell’attenzione dal relatore, il Prof. Paolo Malanima, già ordinario di Storia economica presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro ed oggi Vice-presidente della Fondazione “Istituto Internazionale di Storia Economica Francesco Datini”.
In introduzione il Prof. Salvatore Di Fazio, delegato ai Servizi di Biblioteca del Dipartimento di Agraria, ha ricordato come tutti i seminari proposti nel ciclo di quest’anno abbiano richiamato l’importanza di un’analisi storica dei fenomeni con cui ci si confronta, ricordando come le soluzioni dei problemi attuali possono essere delineate solo confrontandosi con le dinamiche che li hanno generati e facendo tesoro dell’esperienza di chi ci ha preceduto. Nel caso del tema del seminario conclusivo, l’approccio storico offre una chiave di lettura adeguata rispetto alle principali questioni legate all’uso dell’energia e che interessano la società, in particolare quella del riscaldamento globale. “Spesso ci chiediamo: come andrà a finire? Correggiamo continuamente le proiezioni future delle tendenze attuali – ha detto il prof. Malanima - ma man mano comprendiamo che le proiezioni future saranno tanto più attendibili quanto più precise saranno state le ricostruzioni delle vicende passate”.
Il relatore ha evidenziato il legame che esiste tra: il riscaldamento globale, i tipi e la quantità di energia che usiamo per la produzione di beni e servizi, e le emissioni che vengono immesse nell’atmosfera. “Di queste ultime – ha detto Malanima - ci preoccupano i gas climalteranti e in particolare l’anidride carbonica che dà il contributo più rilevante. La CO2 emessa nell’atmosfera vi permane per lunghissimo tempo. Per secoli, la presenza di CO2 nell’atmosfera si è attestata intorno a 270-280 parti per milione (ppm); dall’inizio dell’Ottocento questi valori sono cominciati a salire, superando nel 1870 il valore di 290 ppm. Nel 1970 si è arrivati a 330 ppm e in appena un cinquantennio si è giunti, nel 2020, a 415-420 ppm”. E ancora: “C’è una stretta correlazione, evidenziatasi in tempi relativamente recentemente, tra il riscaldamento globale e il notevole incremento dei gas serra nell’atmosfera, oggi raddoppiati rispetto all’inizio del XIX secolo. Si stima infatti che temperatura media globale abbia oggi raggiunto valori superiori di quasi 1,5 gradi rispetto a quelli dell’età preindustriale”.
Proprio l’analisi storica di lungo termine consente di dare un’efficace e preoccupante rappresentazione della velocità con cui gli effetti negativi delle emissioni di CO2 immesse nell’atmosfera si sono ingigantiti. Il relatore ha anche proposto un’interessante declinazione dell’interpretazione dei dati dal punto di vista geografico, mostrando come oggi sia distribuita la responsabilità delle emissioni sia in termini assoluti sia in termini pro-capite, con il primato globale, rispettivamente, di Stati Uniti e Cina. All’ intervento di Malanima è seguito un vivace dibattito che ha stimolato il relatore a tracciare una prospettiva di lavoro per i prossimi anni: “È ancora presto per vedere gli effetti degli accordi internazionali e delle strategie adottate per contrastare il riscaldamento globale. Certamente degli effetti positivi li hanno avuti alcuni progressi tecnologici che hanno molto migliorato l’efficienza dei processi che usano energia, riducendo l’intensità energetica per unità di prodotto. Occorre agire in modo lungimirante, ma con urgenza, su tutti gli aspetti coinvolti: i comportamenti e gli stili di vita, l’organizzazione delle società, i modi di produrre e, in modo più specifico, la conversione verso fonti energetiche alternative”. Da questo punto di vista, cosa occorre fare? “L’unica scelta saggia - conclude Malanima - sembra essere quella di sostituire le fonti contenenti carbonio con fonti di tipo diverso quali il nucleare, il fotovoltaico, l’eolico, l’idraulico. Fonti organiche come il cibo, la legna, insieme ai biocombustibili, continueranno ad essere sfruttate, ma rappresenteranno una percentuale ridotta. La crescita delle emissioni dovrebbe descrivere una curva ad U rovesciata. Alcuni paesi hanno già intrapreso questa strada. Forse è vicina la stabilizzazione delle emissioni al crescere del Pil, ma una caduta vera e propria delle emissioni di gas serra sembra essere, invece, ancora lontana”.